lunedì 15 dicembre 2008

CAPITOLO QUINTO


FIGLI DI MIGNOTTA

Ci sono ora racconti contrastanti su chi sia stato il mio vero propropropropropropropropropropropropropropropropro
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proproproproproproprogenitore. Potrebbe essere stato Ishmael, che andò a fondare il mondo arabo, oppure Esaù, da cui nacque l’impero romano e per estensione il mondo occidentale. Oppure i miei avi potevano essere stati i loro fratelli Isacco e Giacobbe. Insomma non è sicuro. Ad ogni modo di Ishmael non se ne seppe più nulla per almeno altri 3000 anni, mentre di Esaù si seppe solo che in qualche modo i suoi avi, quasi 2000 anni dopo, fondarono una città che battezzarono in onore della loro madre: Troia. Ma a queste vicende arriveremo più avanti.
Le uniche informazioni che abbiamo sono quelle che ci vengono tramandate sulle disavventure di Isacco e Giacobbe.
Isacco infatti era sempre stato il figlio prediletto da Abramo, tanto che ogni notte, mentre Isacco dormiva, Abramo si intrufolava nel suo letto e gli faceva vedere quanto gli voleva bene. Il risultato fu che Isacco divenne effemminato e viziato, e naturalmente emarginato e odiato da tutti tranne che dai suoi genitori. Solo una volta Isacco aveva provato a ribellarsi e a minacciare di rivelare tutto l’abuso che stava subendo ma si vide cotretto a ritrattare immediatamente quando Abramo minacciò seriamente di ucciderlo. Forse non l’avrebbe fatto veramente, però aveva già preparato il mucchio di legna per il rogo e legato Isacco per bene, dando come suo solito tutta la colpa per quelle azioni a un ordine divino. Solo all’ultimo momento, non si sa bene per quale ragione, si era deciso a lasciarlo andare. Se con Isacco c’era una perversa relazione di amore e odio, Abramo Ishmael proprio non lo sopportava. Non che, quando ne avesse l’occasione, non cercasse di dare un po’ del suo amore paterno anche a lui (di notte, nel suo letto), però Ishamel cresceva rapidamente e in poco tempo fu troppo grosso e muscoloso. In più era nero e Abramo odiava la sua pelle nera, prova più che evidente e costante ricordo dei continui tradimenti di Hagar. Così, mentre Ishmael fu cacciato di casa appena fu grande abbastanza, Isacco continuava a ricevere tutte le attenzioni paterne fino a quando una notte, nell’estasi dell’orgasmo e con il cazzo infilato fino in fondo al culo di Isacco, Abramo fu colpito da un attacco cardiaco e morì. Il rigor-mortis che immediatamente lo colpì fece in modo che la parte anteriore del pene di Abramo si gonfiò così tanto che Isacco non riuscì a staccarsi da lui e fu così che la donna delle pulizie li trovò la mattina seguente. Immediatamente diede l’allarme e tutti, ma proprio tutti vennero a saperlo. Isacco quindi non ebbe scelta se non andarsene a vivere con i filistei in una regione sulla costa meridionale della terra promessa. A loro, infatti, la cosa non faceva ne caldo ne freddo. In realtà non sarebbe stato un problema neanche per gli ebrei se non fosse stato che Abramo gli aveva rotto i coglioni per decenni su quanto fosse sbagliato fare sesso per divertimento e ora lo avevano beccato con le mani nella marmellata… o meglio, con il cazzo nel cioccolato.
Vivendo tra i filistei e finalmente libero dell’ombra opprimente del padre, Isacco si trovò persino una moglie, Rebecca, e cercò di guarire dell’abuso mentale che aveva dovuto sopportare tutta la vita e di superare i traumi psicologici che gli aveva causato. Si rese presto conto, però, che ormai la sua vita era segnata. Tutto quel sesso anale da giovane non si dimenticava facilmente e le donne ormai lo facevano vomitare. Era diventato completamente gay anche se non era in nessun modo felice di esserlo, perché non era stata una sua scelta, e sfogava questa insofferenza su tutti coloro che gli stavano attorno. Ogni tanto faceva sesso con Rebecca ma solo ed esclusivamente sesso anale, che comunque a lei non dispiaceva.
Isacco non aveva tutte le prevenzioni di Abramo sul sesso, tutt’altro. Era fin troppo aperto di vedute, quindi, quando Dio si presentò e si offrì di chiavargli la moglie per assicurargli gli eredi, Isacco non si fece pregare, anzi fu quasi contento della proposta. “E chiavatela nel culo”, disse Isacco a Dio mentre si dirigeva verso la camera da letto, “gliel’ho smollato a dovere, è morbido e dolce come una caramella gommosa.
Rebecca era un po’ meno contenta dell’accordo. Dio aveva un cazzo gigantesco e le faceva male sia quando glielo infilava davanti che dietro. Ma nonostante tutto, alla fine anche lei fu contenta quando diede alla luce due bellissimi gemelli.
Sembrava quasi un nuovo inizio per tutti. Isacco si ripromise che i suoi figli non avrebbero sofferto come aveva sofferto lui da giovane e l’unico desiderio di Rebecca era di dedicarsi anima e corpo ai suoi bambini. Anche Dio era soddisfatto. Isacco non aveva nessuna intenzione di smettere di credere in lui e i figli sarebbero cresciuti credendo nell’esistenza di un essere superiore, credenza che avrebbero tramandato alla loro progenie. Contrariamente alla credenza popolare, Esaù e Giacobbe non cominciarono a litigare nel grembo della madre, anzi, per qualche anno dopo la loro nascita, tutto filò liscio, senza alcun problema. Dio, Isacco, Rebecca, Esaù e Giacobbe, i due figli gemelli, erano una famiglia felice. Dio si trombava regolarmente Rebecca ma a Isacco la cosa non dava affatto fastidio e con il tempo anche Rebecca si era abituata. Il clima di armonia che regnava nella casa di Isacco tra i filistei contagiava tutti.
I due bambini si mostrarono subito molto in gamba. Esaù era forte e deciso, mentre Giacobbe era intelligente e svelto. Insieme i due avrebbero potuto fare grandi cose - dopotutto erano figli di Dio - anche conquistare il mondo. Purtroppo però niente dura per sempre, in particolare le cose belle. Quando i due ragazzi raggiunsero l’età adulta maschile, 13 anni, tutti e due conobbero una ragazza filistea di nome Ursula, che gliela diede prima a Esaù, poi a Giacobbe. Visto che era la prima donna per entrambi, tutti e due si innamorarono pazzamente di lei e finirono inevitabilmente per litigare. Alla fine, visto che nessuno dei due voleva arrendersi, giunsero a un compromesso.
“Io nella figa e tu nel culo!” disse Giacobbe a Esaù
“Non se ne parla nemmeno. Io nel culo e tu nella figa!” replicò Esaù che era fiscamente più forte ma in quanto a dialettica non era propriamente un genio.
“Va bene”, replicò Giacobbe lesto nello sfruttare l’occasione propizia. “Tu nel culo ma io nella figa e anche in bocca. Tu invece se vorrai metterglielo in bocca dovrai chiedere il mio permesso”.
“Va bene fratello”, disse magnanimamente Esaù. “Ma solo perché sei il mio fratellino”.
Giunsero così a un accordo ma era solo una tregua temporanea. La spinosa questione su chi fosse il più anziano, che in un certo senso aveva risolto il primo litigio, si ripresentò con gli interessi quando arrivò il momento per Isacco, sul letto di morte, di nominare il suo erede. Isacco era intenzionato a scegliere Esaù, per il quale aveva sempre segretamente nutrito una preferenza e che comunque era più anziano anche se solo di pochi attimi, ma Rebecca, con un abile trucco, gli fece scegliere Giacobbe.
Esaù non ci vide più a mandò tutti affareincù. Lasciò la sua casa e si incamminò verso occidente, senza una meta precisa.
Giacobbe invece s’impossessò di tutta la ricchezza accumulata da Isacco e da Abramo prima di lui e, dopo aver ucciso a sangue freddo Laban, il fratello di sua madre, si prese le sue figlie Rachel e Leah, che poi erano sue cugine di primo grado, e le due loro serve Zilpah e Bilhah, come mogli, oltre alla sua stessa madre, che era ancora una bellissima donna, come concubina.
Per quanto fosse malvagio e senza scrupoli, un difetto che Giacobbe non aveva (come anche suo fratello Esaù) erano le capacità sessuali. Era un amante insaziabile. Non si stufava mai di chiavare. Faceva orge continue con le sue quattro mogli e con sua madre, quasi tutte le notti, ed ebbe più di 100 figli, molti dei quali partoriti dalla madre. Tra i filistei si sapeva dei suoi vizi e la gente aveva cominciato a odiarlo. Più che altro erano gelosi e odiavano il fatto che lui non condividesse mai le sue spose, che tra l’altro erano anche molto belle.
Giacobbe però non era solo un gran chiavatore ma era anche molto devoto a Dio e, contrariamente a suo nonno, non vedeva alcun contrasto tra le due cose. Doveva essere devoto a Dio perché aveva un culo della madonna. Non faceva niente per meritarselo ma tutto gli andava sempre bene e lui ringraziava Dio. Dio nel frattempo lo aveva preso in simpatia perché si rivedeva in lui, però, allo stesso tempo voleva anche un’opportunità per chiavarsi le sue belle mogli. Dio sapeva che finchè Giacobbe sarebbe stato un tale amatore, non ci sarebbe stato spazio per lui. Certo, lui era Dio, e se voleva poteva distruggere Giacobbe e stuprarsi le sue mogli ma non era così che gli piaceva ottenere le cose, non era il suo stile.
Il suo stile era umiliare il più possibile gli uomini deboli, non confrontarsi con i forti.
Così Dio decise di scendere sulla terra e di andare a trovare Giacobbe per parlargli da uomo a dio.
“Caro Giacobbe…” cominciò Dio.
“E tu chiccazzo sei? E checcazzo ci fai in casa mia?”
“Calma Giacobbe io sono tuo padre”
“Tu non sei mio padre cazzone. Mio padre è morto da anni”
“Io non sono tuo padre terreno. Io sono tuo padre divino. Il padre di tutti gli uomini. Io sono Dio”.
“Porcodd… Ah, cioè, no, volevo dire… Scusa Dio è che mi hai colto un po’ di sorpresa”.
“Non ti preoccupare, ne dicono così tante di bestemmie che ormai non ci faccio più caso. Piuttosto, ascoltami. Devo affidarti un compito della massima importanza”.
A Giacobbe piaceva sentirsi richiesto. E che fosse Dio stesso a chiedere il suo aiuto lo inorgogliva ancora di più”.
“Dimmi Dio. Ti ascolto”, disse pomposamente.
“Voglio che tu e i tuoi figli torniate alla Terra Promessa e diate vita a una stirpe di uomini che credano ciecamente in me. Voi sarete il popolo eletto e io vi proteggerò sempre. Dominerete il mondo. Nessuno oserà mai farvi del male. Avrete una terra tutta vostra che terrete per sempre e tutti i popoli riconosceranno subito che quella terra vi appartiene e vi lasceranno stare lì senza alcun problema. Anzi, se vorrete espandervi, i popoli circostanti indietreggeranno e vi lasceranno occupare le loro terre, senza mai lamentarsi. Gli egiziani vi adoreranno, i romani vi benediranno, gli arabi non ne parliamo nemmeno, sarete come dei salvatori per loro. E poi i tedeschi. Quelli veramente vi tratteranno come degli dei in terra. E tu e i tuoi figli, mio carissimo Giacobbe, sarete la fonte da cui sorgerà questo grande popolo”.
“Caspita Dio”, rispose Giacobbe entusiasta. Era da tempo che cercava una valida ragione per andarsene da quei cazzo di filistei. “Sono sicuro che non ti deluderemo. Prendo le mie mogli e i miei figli e andiamo subito a Canaan”.
“Non ti preoccupare delle tue mogli Giacobbe. Lasciale pure qui, ti saranno solo d’intralcio. A loro penserò io”.
Giacobbe esitò un attimo ma alla fine la sua fame di gloria prevalse e accettò l’offerta di Dio. Il giorno dopo, dopo una notte tutta passata a fare sesso sfrenanto con tutte le sue mogli e con sua madre, erano pronti a partire. Quando si alzò dal letto per andarsene Dio era già lì. Giacobbe lo presentò alle mogli.
“Questo è Dio. Trattatelo bene mentre non ci sono”
Le donne fecero per rivestirsi ma Dio le interruppe. “Non vi preoccupate”, disse ridendo bonariamente, “non è niente che non abbia già visto. State pure comode a letto nude”. Poi prese Giacobbe sotto uno dei suoi enormi bracci e lo accompagnò alla porta. “Non deludermi Giacobbe. So che posso contare su di te”.
“Non ti deluderò, padre”, rispose Giacobbe per nulla sospettoso, poi lui e i suoi 120 figli si incamminarono per Canaan.

Non fecero in tempo a lasciare l’uscio di casa che Dio si era già intrufolato nel letto e cominciava ad assaporare la prima delle mogli di Giacobbe.

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